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In Umbria centro-destra in vantaggio.

La sera di sabato 19 ottobre si è chiuso ufficialmente l’antefatto delle elezioni regionali dell’Umbria del 17 e 18 novembre prossimi. Intendiamo quella fase nella quale vengono raccolte le candidature, smaltiti gli adempimenti burocratici e presentati al tribunale civile di Perugia i nomi dei candidati e i contrassegni elettorali.
Saranno 9 i candidati alla presidenza della Regione Umbria: Marco Rizzo, Moreno Pasquinelli, Fabrizio Pignalberi, Martina Leonardi, Donatella Tesei, Giuseppe Paolone, Elia Francesco Fiorini, Stefania Proietti e Giuseppe Tritto, sostenuti da 23 liste con all’interno 460 aspiranti consiglieri. Non parteciperà alle elezioni Stefano Fiore di Forza Nuova.

Ma che campagna elettorale sarà? Chi sono i favoriti? Quali candidati hanno la possibilità di essere eletti? Per provare a rispondere a queste domande dobbiamo, giocoforza, appoggiarci agli ultimi sondaggi disponibili con tutti i limiti del caso. Soprattutto se si tratta di sondaggi fatti a un mese dal voto e con la discussione in corso della legge di bilancio che, inevitabilmente, potrebbe orientare scelte ed umori da qui al 17 e 18 novembre.
Un dato sembra certo, ad oggi: il vantaggio del centrodestra che ripropone per la guida della Regione la presidente in carica Donatella Tesei. Il sondaggio di Termometro Politico la accredita di un chiaro 49,1% con un vantaggio di quasi il 6% su Stefania Proietti, il sindaco di Assisi, candidata del centrosinistra ferma al 43,7%. Ma in questo sondaggio è molto forte Marco Rizzo di Democrazia Sovrana e Popolare, accreditato di un importante 5%. Un dato che però non trova riscontro in un sondaggio riservato visionato dalla nostra redazione. In quel contesto la Tesei è anche più alta del dato fornito da Termometro Politico, è al 49,7%, ma la Proietti è meno distante con una percentuale inferiore al 3%. Questi dati, ovviamente da verificare sul campo e nelle urne, fanno emergere due riflessioni. La prima è che Tesei è comunque avanti e che Proietti dovrà fare una campagna elettorale importante per colmare il gap: il secondo è che l’ingresso di Alternativa Popolare di Stefano Bandecchi nella coalizione nazionale, e di conseguenza in quella umbra, potrebbe rappresentare la mossa del cavallo per scardinare politicamente una situazione che, fino a metà settembre, dava un testa a testa all’ultimo voto.
Sviluppata questa analisi, passiamo alle liste a sostegno dei candidati presidente. Come accennato sono 23, la maggior parte delle quali a sostegno di Donatella Tesei e Stefania Proietti. Nel primo caso si tratta di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, la già citata Alternativa Popolare del sindaco di Terni Stefano Bandecchi, quindi la lista ‘Tesei Presidente’, Udc e la lista civica ‘Noi moderati civici per l’Umbria’. Nel secondo caso il centrosinistra tiene in coalizione Partito Democratico, Alleanza Verdi e Sinistra, Movimento 5 Stelle più le liste civiche: ‘Umbria per la sanità pubblica’, i ‘Civici umbri’, ‘Umbria Domani’ e ‘Umbria Futura’.
Le altre 9 liste sono a sostegno dei restanti 7 candidati. Sono tutte liste singole, tranne nel caso di Rizzo e Pignalberi che si presentano con due liste ciascuno. Singolare la scelta della lista a sostegno di Marco Rizzo, Alternativa Riformista, che mostra il simbolo della foglia di marijuana nel logo elettorale.
E veniamo ai principali candidati consigliere. . Fratelli d’Italia piazza come capolista l’assessore forte della giunta Tesei, Paola Agabiti Urbani, con la prospettiva di farne la prima degli eletti. Puntano alla rielezione anche Eleonora Pace e Daniele Nicchi, mentre corrono ‘forte’ per lo scranno di palazzo Cesaroni il recordman di preferenze a Perugia, Matteo Giambartolomei, la coppia Clara Pastorelli e Luca Merli, il vicesindaco di Umbertide Annalisa Mierla e il ternano Marco Celestino Cecconi.
Nomi forti anche in Forza Italia, saldamente segnalata come seconda forza della coalizione. Gli azzurri mettono in campo come capolista l’ex sindaco di Perugia Andrea Romizi, l’ex civico di centrosinistra Andrea Fora, la presidente della Provincia di Terni Laura Pernazza, il sindaco di Todi Antonino Ruggiano.
La Lega della presidente Tesei, dal canto suo, schiera come capolista un amministratore di lungo corso e dal sicuro consenso come Enrico Melasecche, oltre all’ex senatrice Valeria Alessandrini.
Passiamo quindi al centrosinistra e partiamo dal Partito Democratico che apre la lista con la coppia composta dal segretario regionale Tommaso Bori e dell’ex capogruppo al Comune di Perugia Sarah Bistocchi. In corsa per la riconferma il vice presidente uscente dell’aula di palazzo Cesaroni, Michele Bettarelli, e Simona Meloni. Restando al ‘patto avanti’, passiamo al Movimento 5 Stelle che non ricandida per la nota regola dei due mandati Thomas De Luca ma che, in perfetta continuità con il progetto politico, schiera Luca Simonetti e Valentina Pococacio.
Nell’Alleanza Verdi Sinistra emerge il capolista Gianfranco Mascia, mentre la lista Umbria Domani, diretta emanazione della candidata Stefania Proietti, schiera l’ex consigliera della Provincia di Perugia Laura Zampa, un nome che potrebbe raccogliere consensi trasversali, mentre il listone riformista (senza Italia Viva) Umbria Futura, può contare su nomi di rilievo in termini politici e di consenso come Donatella Porzi, Luciano Bacchetta, Roberto Bertini e Giacomo Leonelli.
Molti giornali commentano i risultati riguardanti la Liguria come il de profundis per il campo largo, ma mi permetto di non essere d’accordo in riferimento proprio al caso Umbria, dove il campo largo diventa larghissimo con la presenza di ben quattro liste civiche a sostegno della Proietti, non presenti nelle elezioni liguri, che sono state inquinate a sinistra prima dalla diatriba tra Renzi e i 5 Stelle ed in seguito dalle querelle tutta interna al movimento cinque stelle con le frizioni tra Grillo e Conte. Quindi l’Umbria non puo’ essere paragonata alla Liguria.

Deus-ex machina?

A ben guardare in Umbria il problema per la Proietti potrebbe essere l’incognita Rizzo, che se dovesse accumulare un 5% dei voti come indicano recenti sondaggi, potrebbe affossare il campo largo da una posizione nominalmente di estrema sinistra, un po’ la replica di quello che è successo a Gubbio con la sfida fratricida tra rappresentanti della sinistra che si sono eliminati a vicenda facendo eleggere il rappresentante di centro destra Fiorucci per la prima volta in 79 anni. L’elezione umbra potrebbe avere lo stesso canovaccio eugubino , mentre sorniona la Tesei assiste gongolante. Vedremo, la parola agli elettori.

Stefano Bandecchi ritira la propria candidatura alla Regione Umbria.

Lo scaltro tergiversare del centro destra in Umbria ha portato ad un risultato che fino a ieri pareva fantascienza : il fondatore di Alternativa Popolare Stefano Bandecchi avrebbe annunciato l’ingresso del suo partito nella coalizione di centrodestra a livello nazionale. La decisione comporta il ritiro della sua candidatura alle elezioni regionali in Umbria e il sostegno al candidato di centrodestra Donatella Tesei. La svolta politica è stata anticipata da giorni, ma si è concretizzata nelle ultime ore, in vista delle elezioni regionali di fine anno. Oggi Il nuovo accordo verrà formalizzato  sotto la supervisione di Giovanni Donzelli, una figura di spicco di Fratelli d’Italia. Tra le conseguenze immediate, vi sono tre aspetti principali: l’allargamento del perimetro del centro-destra nazionale che sorregge l’attuale esecutivo meloniano, il supporto al candidato governatore per il centro destra in Liguria, Stefano Bucci sindaco di Genova, ed infine come dicevamo la nascita del campo largo di destra anche in Umbria a supporto della candidata Tesei, formato da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati e infine Alternativa Popolare. Bandecchi ha dichiarato che conferma di rimanere sindaco della città dell’acciaio senza nulla chiedere per sè ed il suo partito. A questo punto, se il centro sinistra sognava il classico 3-0, cioè la vittoria in Emilia Romagna, Liguria ed Umbria, dovrà ricredersi e pedalare forte, dato che oltre l’Umbria diventa contendibile anche la Liguria, dove Bandecchi ha avuto, alle ultime elezioni regionali ,più di 2000 voti pur non facendo alcuna campagna elettorale, un piccolo tesoretto che può risultare decisivo all’amato sindaco di Genova per espugnare la regione.

Sulla decisione del sindaco di Terni sono subito intervenuti i rappresentanti locali di Sinistra Italiana, stigmatizzando il comportamento della destra :”Si sono insultati, si sono denunciati, sono quasi arrivati alle mani nella casa comunale, hanno espresso gli uni dell’altro e viceversa i giudizi più irripetibili. Come se nulla fosse accaduto, ora hanno raggiunto un accordo. Sono questi i comportamenti che minano alla base la credibilità della politica e alimentano, non senza fondamento, il diffuso disgusto per i partiti e per le istituzioni. Sembra più evidente, ora, che Bandecchi abbia utilizzato Terni per inseguire interessi diversi che ben presto avremo modo di verificare. Resta quindi solo da capire quali reciproche contropartite si siano scambiati. La rinuncia alla candidatura a presidente della Regione è inoltre una resa dovuta alla perdita del consenso in città a poco più di un anno dall’insediamento. Voleva fare il parlamentare europeo, il presidente del Consiglio e si riduce a fare il comprimario di Tesei. L’accordo è frutto della paura, di entrambi. Bandecchi, ha paura di finire nell’irrilevanza e ha deciso di far valere il suo residuo peso per se stesso e non certo per la città. Il centrodestra è spaventato dal risultato delle amministrative di giugno.”

A corollario di queste vicende politiche dobbiamo sottolineare come i due schieramenti stiano insieme solo per il potere politico, non mancando forti attriti anche nel campo largo del centro-sinistra, come insegnano le note vicende tra Partito democratico e M5s, che tra l’altro rischia la frantumazione per i forti attriti tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte. Vincerà chi riuscirà meglio a frenare le spinte centrifughe del rispettivo campo, con buona pace del programma elettorale che è la cosa che magari può interessare i cittadini, ma di cui poco si parla. Sanità, welfare, scuola, lavoro, questi sconosciuti, come insegna la neo sindaca di Perugia nel tanto strombazzato consiglio comunale in piazza del Bacio a Perugia, dove ha tratteggiato le linee guida programmatiche del suo esecutivo, linee programmatiche innalzate a volo pindarico il cui collante è la partecipazione dei cittadini, ma il cui risultato pratico, ha chiosato trionfalmente la nostra sindaca, per ora è il rinnovo a fine anno della tessera card per la visita dei musei cittadini. Sinceramente aspettavamo altro.

Umbria senza data per le elezioni regionali

DONATELLA TESEI CANDIDATA GOVERNATORE UMBRIA,SILVIO BERLUSCONI POLITICO

Nei mesi scorsi, soprattutto dopo il voto delle europee di giugno, si sono moltiplicati gli appelli per svolgere il cosiddetto ‘election day’, ovvero riunire in un unico fine settimana la chiamata alle urne per i cittadini delle tre regioni.
Appelli che, però, sono caduti nel vuoto. Le tre regioni, infatti, non voteranno nella stessa data ma in date diverse. La Liguria, che andrà al voto per le note vicende legate all’ex presidente Toti, ha scelto, in tutta fretta e senza possibilità di essere modificata, la data del 27 e 28 ottobre, in Emilia-romagna il voto è fissato per il 17 e 18 novembre, ma gli organi regionali si sono detti disponibili ad anticipare di 20 giorni in concomitanza con quelle liguri.
E l’Umbria? per l’Umbria si parla di dicembre, nel periodo compreso tra l’Immacolata ed il Natale, ma qualche spiffero colto in giro addirittura fa trapelare di un possibile slittamento per il mese di febbraio. I motivi possono essere molteplici, specialmente in relazione al fatto che delle tre regioni è la più contendibile, stando a sondaggi interni le altre due regioni hanno già il destino segnato, mentre l’Umbria si gioca la poltrona di governatrice all’ultimo voto. Chi ha più da guadagnare nel procrastinare l’election day umbro è sicuramente la coalizione di centro-destra, il cui motivo ufficiale sarebbe quello di voler evitare l’esercizio provvisorio di Bilancio, ma il probabile motivo sarebbe quello di convincere al ritiro il sindaco di Terni Bandecchi, oppure di accordarsi in una specie di desistenza con il resto della compagine capitanata dalla Tesei. Inoltre sono in atto manovre , attraverso un corposo investimento regionale, volte ad abbattere le liste di attesa sanitarie, attraverso l’extramoenia in strutture mediche private oramai assai numerose in regione. Questo fornirebbe alla Tesei un buona grancassa pubblicitaria ergendola ad epigona del buon governo. Ma, appunto per abbattere le liste d’attesa occorre del tempo, ed inoltre non si tiene in considerazione che una gran massa di denari escono dal perimetro pubblico per arricchire la sanità privata, in cui si annidano importanti sponsor politici umbri. Non è con le mancette elettorali che si risolvono i problemi del welfare e assistenza sanitaria, ma attraverso oculati investimenti che rimangono nel tempo. Altrimenti siamo alla solita cettolaqualunque manovra di copertura delle buche stradali alla vigilia delle elezioni del sindaco, di cui sinceramente ne potremmo fare anche a meno. La sinistra nel contempo si pasce e si crogiola del successo nel capoluogo regionale, con una sempre sorridente sindaca , presa da una specie di sindrome post Sangiuliano (ministro cultura), onnipresente ad ogni inaugurazione di strade, mostre, e chi più ne ha più ne metta. La Proietti, dopo il pensoso e viscerale scendo o non scendo, pare scomparsa dai radar quando dovrebbe essere sua premura incalzare la maggioranza in merito alla data dell’election day. Anche perché potrebbe finire prima del previsto l’idillio degli umbri per il Campo Largo, e magari qualcuno si potrebbe ricordare che la candidata del centro-sinistra è tre anni che guida anche la provincia di Perugia, che ha le deleghe alle acque interne e lascia un Trasimeno che è ai minimi storici in termini di profondità e ai massimi storici in termini di incuria.

Inizia la campagna elettorale per la regione

Archiviata la questione del candidato presidente alla regione Umbria con la fumata bianca emessa il 16 agosto dalla sindaca di Assisi Stefania Proietti, ne è seguita una partecipata conferenza stampa che si è tenuta , e non è un caso, presso la Sala della Vaccara del comune di Perugia. Pare proprio che il modello di campo largo, attuatosi con successo con l’elezione della sindaca Ferdinandi, faccia da apripista anche nel tentativo di togliere la regione dalle rapaci mani del centro destra, e dalla Lega in particolare. I cardini del suo programma, ancora non ben definito, riguardano ; «Il diritto alla salute, la cura del creato, la cura delle persone, il prendersi cura soprattutto dei più fragili, la centralità della vita, il tema dell’accoglienza in tutti i sensi, ma anche lo sviluppo innovativo, sostenibile, dell’innovazione sociale come soluzione alle problematiche. Però tutti questi pilastri, questi cardini – ha detto Stefania Proietti – hanno bisogno poi di costruire un edificio, mattone per mattone»
La candidata del centrosinistra declina subito anche il metodo di lavoro che intende utilizzare in questi mesi di campagna elettorale che separano dal voto; “«Chiameremo ciascuno, chi vorrà partecipare, andremo proprio nei territori. Pensiamo di costruire una campagna elettorale la più partecipata possibile. Il ‘patto avanti’ ha questa caratteristica e prerogativa che ci piace tantissimo: questo è il vero essere piattaforma aperta. Useremo ovviamente anche i social, ma anche l’incontro con le persone. Perché le persone sono al centro della nostra idea di Umbria del futuro».
Sommessamente facciamo notare che codeste prerogative, appena accennate nel programma della candidata Proietti risultano piuttosto lasche e generatrici di un qualche umoristico fraintendimento come capitato nella perentoria affermazione della nostra in un noto social globale, in cui rifletteva che il suo programma per la regione era ispirato al “Cantico delle Creature” di San Francesco. Non sto qui a commentare le risposte, anche assai pungenti e ruvide come spesso sanno essere le genti umbre.
In una specie di staffetta di soccorso, solo qualche giorno dopo, il 21 agosto, è intervenuta la sindaca di Perugia Ferdinandi, con un intervista a La Repubblica ,meno aulica e più di sostanza, incentrata sulla necessità di ristabilire con chiarezza il confine tra destra e sinistra, sia nel merito che nel metodo. “La destra vede l’altro come una minaccia e il trionfo è sempre individuale. Per la sinistra, l’altro è il campo della salvezza, perché nessuno si salva da solo. Il nazionalismo è di destra, l’internazionalismo di sinistra. La sinistra è una dimensione collettiva. Da queste due concezioni, così diverse, discende tutto il resto,” ha spiegato Ferdinandi.
Secondo Ferdinandi, è necessaria una nuova cultura di governo e negoziazione, come suggerito da papa Francesco. “Dovrebbe finire l’epoca delle divisioni, ma per questo serve progettare un orizzonte,”
Ma purtroppo oggi il mondo appare dotato di tante sfumature di grigio non contemplate dalle dichiarazioni della Ferdinandi. Esempio il concetto di “centralità della vita” o certi ammortizzatori sociali per famiglie numerose o disagiate, sono assai presenti nei programmi di governo dei Fratelli d’Italia o della Lega. Qualcuno ancora ricorda Salvini che bacia trionfante il crocifisso ? C’è una corsa a prendere i voti degli elettori moderati, il famoso Centro, che vede oggi Forza Italia in pole position, che auspica lo jus scholae, e assume toni moderati financo nelle tv berlusconiane che assumono vecchi epigoni del comunismo come la Berlinguer e fanno dire a Marina Berlusconi che si sente molto più vicina al PD che alle destre in merito ai diritti individuali delle persone. Siamo alla rivoluzione copernicana.
L’elettore umbro sconcertato dal quadro politico così confuso dove potrebbe trovare un appiglio che giustifichi le sue scelte elettorali?
Magari semplicemente non seguendo i pifferai magici che parlano di salvaguardare sopra tutto i diritti dell’individuo, e orientandosi verso chi auspica e pratica più servizi all’individuo. Altrimenti rischiamo di diventare una piccola California, terra sacra di ogni forma di diritto individuale che però contempla anche il cittadino che non si puo’ curare se non ha la carta di credito.

STEFANO FORA ENTRA IN FORZA ITALIA

Nel campo di centrodestra proseguono i tentativi per convincere Bandecchi a ritirare la candidatura ed appoggiare la Tesei, sforzi specialmente compiuti dalla Lega. Gli esiti paiono assai incerti visto il carattere sopra le righe del sindaco di Terni. Da capire anche i ruoli che i due ex sindaci di Perugia e Terni possano avere nel polo di centro-destra, essendo portatori di una gran messe di voti personali. Per Romizi, in caso di vittoria, si vaticina una delega pesante alla sanità.
Forza Italia in Umbria pare molto attiva, avendo ben in mente che il centro dello schieramento di destra, se ben presidiato da autorevoli e moderati personaggi di destra (Romizi, Fora ) può togliere benzina alla rampante Lega, in particolare tessendo una tela di “controllo” rispetto agli atti della rampante presidente leghista Donatella Tesei. Gli azzurri in questo modo tentano l’operazione non solo sui moderati, ma anche sui civici di centrodestra, almeno su quella parte che, dopo l’accordo tra Arcudi e Briziarelli, sta preparando la lista “Noi moderati – Civici per l’Umbria”.
Lo scontro nel centro destra (nazionale più che locale) è rimandato, ma prima o poi i nodi verranno al pettine, essendo la coalizione un coacervo di ideologie che vanno dal populismo al corporativismo, dall’apertura di mercato al protezionismo made in Italy.
Le grane non mancano neanche nel centro-sinistra, con la Proietti che ha convocato il campo largo per il 16 agosto, alle prese con la patata bollente del suo sostituto a sindaco della città di Assisi, che il PD vorrebbe di sua competenza, mentre la Proietti vorrebbe come sua emanazione. Intanto il centro sinistra incassa anche l’appoggio di Pace,Terra e Libertà, il movimento di michele Santoro, che con le sue posizioni pro Russia crea più di un imbarazzo nell’eterogenea e colorata galassia di centro sinistra.

Sciarada Umbra. Come la regione si avvicina alle elezioni di novembre.

Tiene banco in queste afose giornate estive la scelta del candidato della coalizione di centro-sinistra, chiamata dai quotidiani campo largo (o larghissimo) ,per la carica di presidente della regione, in scadenza naturale il prossimo novembre. Il giorno 27 luglio il conclave dei maggiorenti delle varie sigle politiche facente parte del blocco di centro-sinistra ha chiesto all’unanimità al sindaco di Assisi Stefania Proietti, che ricordiamo essere anche presidente della provincia di Perugia, di “scendere in campo” per la prestigiosa carica regionale. La riunione è stata assai partecipata, erano presenti i leader umbri del campo largo, ovvero Tommaso Bori del Partito democratico, Thomas De Luca del Movimento 5 stelle, Fabio Barcaioli e Gianfranco Mascia di Alleanza verdi sinistra, il sindaco di Spoleto Andrea Sisti dei Civici X ormai orfani di Fora, di Giuseppe Chianella del Partito socialista, di Massimo Monni, dell’ex segretario regionale del Pd Lamberto Bottini, ora coordinatore della lista per la sanità pubblica e del neo sindaco di Perugia Vittoria Ferdinandi, il fiore all’occhiello del nuovo progetto politico del centrosinistra. Un ‘campo largo, che in vista delle regionali, che ricordiamo sono a turno unico, include anche una lista Comunista, Azione, che ha già sostenuto convintamente Ferdinandi a Perugia, e a Italia viva di Renzi che torna a tutti gli effetti nel centrosinistra.
Tutto bene quel che finisce bene? No assolutamente, perchè Stefania Proietti non ha sciolto la riserva, prendendosi qualche giorno per riflettere. I suoi dubbi, in prima istanza, vengono dal ruolo importante che riveste come sindaco della città serafica e dall’enorme lavoro che spetta ai suoi amministratori in vista del Giubileo del 2025, in cui la città di San Francesco avrà un ruolo di rilievo, con la massiccia presenza di turisti e pellegrini . Ma a distanza di qualche giorno ad Assisi , tra le segrete stanze già ci si muove per trovare un sostituto, e quindi a breve il nodo si dovrebbe sciogliere.

Esiste anche un ostacolo non detto, ma ben indagato da più testate regionali e riguarda la proiezione nazionale del voto umbro, che ricordo si salderà a quello delle regioni Emilia-Romagna ( Bonaccini dimesso perchè eletto al parlamento europeo) e della Liguria ( con le dimissioni dell’indagato ex-presidente Toti per le note vicende giudiziarie). E qui la sciarada politica entra nel vivo, perchè la coalizione di centro-sinistra, reduce dal buon risultato europeo, mira a fare l’en plein in tutte e tre le regioni, proiettando fosche nubi sulla tenuta del governo centrale, indebolendo sempre più la coalizione che regge il governo Meloni.
Michele De Pascale, sindaco di Ravenna assai apprezzato in Emilia e lo spezzino Andrea Orlando, ex ministro del lavoro e della giustizia, per la Liguria , sono le candidature forti utili a sconfiggere i partiti di governo. Mentre la Proietti in Umbria, con le entrature che vanta in ambito ecclesiastico ( è stata Delegata della Conferenza Episcopale Italiana quale responsabile per i temi ambientali ) aspira ad erodere il consenso che parte dell’elettorato di matrice cattolica umbra ha dato alla uscente governatrice Tesei, tacitando anche gli eventuali contrattacchi della destra legati alle frange woke e lgbtq massicciamente presenti nel campo largo umbro. Nel campo opposto la governatrice Tesei pare non se la passi troppo bene, proprio perche’ in quota Lega, partito che sta prendendo una deriva estremista che fa arricciare il naso ai più, specialmente all’alleato Tajani di Forza Italia, che sarebbe pronto a far uscire l’asso dalla manica, l’ex-sindaco di Perugia Romizi, che ha ben figurato nell’amministrazione della città. Fratelli d’Italia ha una posizione più sfumata, memore dalla batosta presa a Perugia con il trionfo recente della sindaca Ferdinandi sulla Scoccia, voluta d’imperio dai notabili del partito che l’ hanno imposta su altri candidati, subendo come sappiamo una brutta sconfitta.
Proprio per questo alla fine, pur in presenza di diverse zavorre, la Tesei rimarrà la competitor del centro destra per le elezioni umbre; questo per salvaguardare la coalizione nazionale, in primis le istanze di Salvini, che già strepita contro gli alleati di governo. A mettere i bastoni tra le ruote del bis Tesei potrebbe essere anche la presenza degli altri competitors Bandecchi, Fiore e Rizzo, che possono erodere da destra ( sì anche il rossobruno Rizzo fulminato sulla via di Orban) il consenso alla governatrice che vedrebbe sfarinarsi il suo bacino elettorale. Ritengo che la Proietti gradisca molto il confronto con Tesei, visti anche certi sondaggi “segreti” che circolano nelle consorterie regionali. Sondaggi che conosce anche il centro-destra che potrebbe innescare un vero colpo di mano ai danni della governatrice per inserire un nome di peso nazionale. Da qui i tentennamenti della Proietti che magari si ritroverebbe con un avversario molto meno malleabile. In in ogni caso la sinistra avrebbe già pronto la riserva, che si sta già scaldando a bordo campo, pronta ad entrare in gioco e rispondente al nome di Anna Ascani, la tifernate vicepresidente del Senato e del Partito Democratico. Quindi l’ipotesi principale rimane lo scontro Tesei Proietti se la contesa non esce dai confini regionali, viceversa se gli viene assegnata una prevalenza nazionale si potrebbe ipotizzare un duello Romizi contro Ascani.
In ogni caso avremo probabilmente per la sesta volta consecutiva una donna come presidente di regione, caso più unico che raro in ambito nazionale.
Mi preme sottolineare che in questo contesto politico, umbro od italiano che sia, manca completamente il convitato di pietra, e questo la dice lunga sulla crisi di rappresentanza di cui soffre la nostra politica: il programma politico, le cose da fare, la visione di fondo. E i risultati si vedono anche in Umbria, soprattutto in Umbria. Tutti impegnati come sono a trovare alleanze che gli permettono di governare poi non hanno idee, non sanno come risolvere problemi, non riescono a spendere neanche i soldi elargiti dalla comunità europea. Questi rassemblement di partiti disomogenei che poco hanno in comune sembrano stare insieme solo per il potere, eppure dovrebbero ragionare in anticipo su un programma comune da portare avanti per il bene della comunità, specialmente gli enti intermedi come i comuni e le regioni. Altrimenti ci si ritrova come la Ferdinandi che è guidata nelle scelte dai progetti avventuristici delle passate gestioni, senza poter fare niente di quello promesso. Si spera in un suo scatto di orgoglio e di personalità. Ma almeno con la Ferdinandi concedo il beneficio del dubbio dato che si è insediata da così poco. Il fallimento della politica nella nostra regione è testimoniato dalla bruttezza di tante periferie, dallo sfarinarsi delle città nelle campagne, dalla perdita di ricchezza e di servizi di cui soffre la comunità, specialmente quella umbra che nei numeri oramai ha la stessa impronta di tante regioni del sud, con il divario con il centro nord che si fa sempre più cospicuo ogni anno che passa. Il presidente del Censis De Rita direbbe che siamo una regione in attesa, un attesa perenne mentre il mondo corre veloce. Auguriamoci un rinascimento che spezzi questa apatia stagnante.

La pallida libertà delle democrazie.

di Massimo Chiucchiù

In questo intervento scrivero’ della profonda crisi in cui versano le rappresentanze
parlamentari in molti paesi del mondo, ed in vista di un prossimo collasso ecologico
causato dal riscaldamento globale e dall’inquinamento, a cui politica e tecnologia
non hanno saputo dare risposte, mostrero’ il ruolo negativo del Potere come
paradigma di una societa’ in crisi che potrebbe trovare riscatto attuando i principi
dell’ecologismo anarchico di stampo libertario.

In qualsiasi direzione volgiamo il nostro sguardo, dall’America Latina, all’ Africa ,
ad Honk Kong, in Libano cosi’ come in Europa, assistiamo a continue contestazioni
delle classi politiche dominanti, non tanto o non solo in chiave economica, come poteva
succedere normalmente nel secolo passato, ma secondo una matrice che contesta la
messa in pericolo della liberta’ individuale e del diritto negato a partecipare alla
vita pubblica al di fuori degli schemi mainstream messi in atto dai media di “regime”,
come le tv di stato o i giornali foraggiati sempre da lobbies strettamente collegate alle
classi dominanti. In Libano , per esempio, è scoppiata una mezza rivoluzione a causa di
una tassa apposta sulla messaggistica istantanea watshapp a carico dei fruitori;
od ancora, abbiamo sotto gli occhi i continui scontri ad Honk Kong, dove i giovani
universitari difendono con le unghie e con i denti gli ultimi rimasugli delle libertà
personali strangolati da un regime che somma in sè tutto il peggio del marxismo
condito da un neoliberismo selvaggio che vede nel lavoro l’unico sbocco per realizzare
una vita degna. Ed ancora, i ragazzi di piazza Tarhir,al Cairo, che contestano quella falsa
democrazia parlamentare che nasconde una vera e propria dittatura militare, che fa tanto
comodo all’Occidente. In Europa abbiamo tanti esempi, specialmente nei paesi latini,
come Podemos in Spagna, Le Camicie Gialle in Francia, Cinquestelle e “Sardine” in Italia.

La manifestazione delle sardine in piazza verdi davanti al treatro Massimo, Palermo, 22 novembre 2109. ANSA/IGOR PETYX

Il movimento delle Sardine ne e’ un esemplificazione plastica: nati dalla messaggistica
della rete internet, si radunano nelle piazze delle nostre citta’, senza alcuna bandiera
politica, per il piacere di ritrovarsi insieme fisicamente, per contarsi, per ribadire che
non accettano le narrazioni catastrofiste e minacciose dei politici, sempre impegnati
in una continua campagna elettorale e mai ad occuparsi dei problemi per cui sono stati
eletti, in un continuo rimando tra aspettative neglette e problemi irrisolti.

Quindi si puo’ dire che c’e’ un vento nuovo che scuote i palazzi del potere di
Washington, Roma, Parigi, Il Cairo, ed e’ il vento della contestazione delle rappresentanze
democratiche. Le persone non accettano piu’ le narrazioni e le ricette politiche che le
classi dominanti corrotte e colluse ci propinano tutti i giorni per conservare il loro potere.
Questa crisi di rappresentanza ha origini molto lontane nel tempo.

Quando, in seguito alla Rivoluzione Francese, nel diciottesimo secolo nacquero le ideologie
politiche che contribuirono alla formazione dei moderni stati europei, si era convinti che le
sorti della storia fossero indubitabilmente destinate a migliorare le condizioni di vita dei
popoli. L’deale socialista privilegiava l’uguaglianza, le pari opportunita’ per i cittadini, così
come l’ideale liberista gli contrapponeva la liberta’ dell’individuo.
La via anarchica era la piu’ completa ed anche la piu’ solida filosoficamente: per l’anarchismo
tali valori sono del tutto inscindibili e non possono che darsi contemporaneamente. Non vi
può essere libertà senza uguaglianza nè uguaglianza senza libertà. Ma ciò che soprattutto
lo distingue dalle altre dottrine politiche è che per l’ Anarchismo non esiste un’ umanità
astratta, che invece è rilevante nelle analisi delle tesi socialiste o liberali, ma esistono i singoli
uomini concreti, con le loro istanze e con le loro competenze.
Il pensiero anarchico, pertanto, diversamente dalle altre dottrine politiche, non ritiene di aver
compreso per via filosofica la natura dell’uomo e non si considera legittimato a prescrivere un
codice morale, un’etica di comportamento che implichino diritti e doveri uguali per tutti.
Nell’anarchia e’ di fondamentale importanza l’autodeterminazione dell’individuo, che è unico
e diverso da tutti gli altri, è il suo totale diritto di scelta, di consenso, di rifiuto.
Una filosofia della libertà.
Non tragga in inganno questa conclusione, perchè l’ anarchismo non deriva da riflessioni astratte di qualche intellettuale e filosofo, ma è un pensiero che si nutre di azione, di impegno, legato strettamente alle vicissitudini proprie e delle persone della comunita’ di cui si fa parte.
Bakunin o Kropotkin non inventarono il pensiero anarchico, ma lo scoprirono nelle masse oppresse e sfruttate, chiarendole e divulgandole.

Ma la storia, come sappiamo, ha seguito un altro corso rispetto alle speranze libertarie. Gli anarchici sono serviti a sparigliare le carte, essendo i più motivati nel cercare il cambiamento, per poi essere abbandonati o traditi , come è successo nell’Ucraina di Nestor Machno, nella Catalogna repubblicana del 1936 fino ad oggi con il tentativo nel Rojava curdo. Non realizzandosi mai nella pratica storica l’ideale anarchico, nell’ opinione pubblica il termine Anarchia viene sempre definito sinonimo di caos, confusione, disordini, violenza. La martellante campagna denigratoria dei marxisti all’alba della scissione tra Marx e Bakunin nel 1872, ed eclatanti attentati compiuti a cavallo del 1900 ,come il regicidio dello zar Alessandro II di Russia nel 1881, o quello Umberto I di Savoia nel 1900 per mano di Gaetano Bresci, i cosidetti tirannicidi come atti simbolici della strategia di lotta anarchica, dettata chiaramente dalla violenza dei regimi dell’epoca, hanno fatto il resto, rendendo negletta ed antisociale qualsiasi iniziativa libertaria.
Eppure nel farsi della storia, nel cambiamento intervenuto nelle società Occidentali, nelle
migliorate condizioni economiche di larga parte dei cittadini dei paesi più evoluti, nel riconoscimento dei diritti individuali e nel ripudio delle discriminazioni riguardanti il genere, l’orientamento sessuale, il credo religioso, dicevamo in questa eco si rintraccia il rispetto anarchico per ogni singolo individuo della società.
Ma ciò non è sufficiente. Il grande nemico dell’ Anarchia è il potere. Potere che nelle democrazie è declinato come quello di una maggioranza su una minoranza. Ci siamo abituati, quasi come un cambiamento antropologico, a dar credito all’ idea che i rapporti tra persone siano da sempre mediati e basati sul potere dell’uno sull’altro.
L’ etimologia della parola è molto chiara e si può ricondurre al verbo latino Poteo, che indica la capacità di fare qualcosa.Nel tempo e nella consuetudine ha assunto l’accezione di capacità di imporre il proprio volere a qualcun’ altro, secondo un’ottica di responsabilità paternalistica data dalla radice “Pa”.
Il potere così enunciato ci ricorda in continuazione il fatto che l’individuo che gli si assoggetta vivrà sempre una condizione di subalternità quasi infantile, impossibilitato a qualsiasi percorso di crescita e miglioramento, negando alle radici la possibilità di farsi uomo tra uomini.
Se iniziassimo a cancellare parole come potere, autorità e le sostituissimo con il termine autorevolezza, (autorevolezza, dal latino gravitas, si basa su una qualità riconosciuta a chi, dimostrando un atteggiamento partecipativo piuttosto che direttivo, ha la capacità di coinvolgere gli altri e influenzarne i comportamenti)
la stessa che in società arcaiche si attribuisce per esempio agli anziani o ai più esperti, noteremmo che una società senza potere e con un governo condiviso è possibile.
Non è possibile, invece, una società senza leggi, ma quest’ ultima non sarebbe neppure etimologicamente anarchia, quanto piuttosto Anomia, assenza di norme.

Gli anarchici insistono molto su questo punto, perchè si rendono conto che il potere, con i suoi cascami avvelenati, come violenza, invidia, intolleranza, individualismo, instaura un danno, un vulnus, che modifica radicalmente i rapporti di aggiustamento naturale (ordine naturale) a cui tendono le forme di organizzazioni sia biologiche che culturali (come le società).
Hobbes non avrebbe scritto nel Leviatano la famosa invettiva homo homini lupus se fosse stato a conoscenza delle scoperte successive in campo biologico antropologico, sociologico, psicologico, in cui in Natura si delinea il principio paradigmatico della collaborazione come principale forma di strategia di sopravvivenza.
La stessa Teoria dell’Evoluzione ha subito, nel Neodarwinismo, sostanziali modifiche che hanno di molto attenuato la perentoria affermazione della sopravvivenza del più adatto. Senza troppo allargare i confini del ragionamento, l’ uomo, come altri primati, è essere sociale e realizza il suo sè più profondo nelle relazioni con gli altri simili in armonia con l’ambiente.
Quali altre prove dobbiamo ancora accumulare dopo i dati sull’ inquinamento naturale, sul riscaldamento globale, sulle violenze che imperversano in società troppo competitive, oppure l’isolamento dei giovani hikikomori, specchio di un patologico isolamento a cui siamo tutti costretti da società spersonalizzanti, dicevo quante prove dobbiamo ancora accumulare per concludere che viviamo in una società sull’ orlo di un implosione senza rimedio?
Il mondo non deve essere regolato da una serie di apparati burocratici nè da istituzioni sociali, portatrici di logiche di potere, ma da comunità radicate nel territorio e dalla collaborazione reciproca. L’Anarchismo esige una disciplina dura, ma è una disciplina serena perchè non demanda a funzionari ed è attivata dalla forza della persuasione, dalla convinta adesione al principio di giustizia sociale.
Pur essendo per definizione ideologia sincretica, cioe’ in cui tutti i valori di libertà, uguaglianza, diversità, solidarietà, si tengono insieme come valori inscindibili, l’Anarchia oggi, a mio parere, presuppone come preminente il concetto di libertà, perche’ e’ il principio irriducibile nel tentativo di oltrepassare le logiche del potere di qualsiasi governo.
Per questo motivo il Libertarismo americano, molto piu’ dell’Anarchismo europeo, corroborato dal pensiero del suo padre nobile David Henry Thoreau, risulta essere piu’ prodigo di proposte innovative, rispetto all’asfittico dibattito che caratterizza oggi il panorama europeo, da tempo ostaggio dell’impostazione preminentemente economica in merito a logiche di uguaglianza e solidarietà. Abbiamo gia’ scritto sul tentativo di Murray Bookchin di chiarire i profondi legami
tra ecologia e libertà, cosi’ come scrivemmo sulla proposta di Paul Goodman e dell’approccio gradualista.

Certo, altre proposte appaiono sospette come quelle del Libertarianismo di Murray N. Rothbard, ma rimane il fatto che la scena libertaria americana e’ risultata molto più feconda di quella europea, considerando anche l’influenza che le sue idee hanno avuto nella cultura underground americana, nei poeti e scrittori della beat generation ed anche nelle proteste del 1968 che hanno avuto inizio nelle università americane.
Thoreau e’ famoso soprattutto per due libri: Walden, vita nel bosco e Disobbedienza Civile, in cui l’autore spiega che i cittadini non devono obbedire al loro governo se sono profondamente contrari alle sue politiche. La visione di Thoureau del rapporto dell’uomo con la natura e del cittadino all’interno della società si è fortemente inserito nell’ immaginario collettivo americano,
lo stesso del mito della frontiera e dell’autodeterminazione.
La disobbedienza come atteggiamento passivo di protesta, insieme alla non collaborazione, sono principi che hanno profondamente influenzato anche grandi pensatori come Lev Tolstoj o Ghandi, introducendo nelle pratiche libertarie il concetto di nonviolenza,
su cui nell’anarchismo europeo si è poco dibattuto, eppure cosi’ preminente riguardo alle logiche di libertà.

Libertà va cercando, ch’è si cara, come sa chi per lei vita rifiuta(Dante: canto primo Purgatorio)

Chissà se queste folle di giovani che protestano in ogni parte del mondo, per i motivi all’apparenza più disparati, non siano intimamente uniti dalla ricerca di libertà cosi’ poeticamente tratteggiata del Sommo Poeta. Il dubbio sulle loro istanze pare lecito . Sembra che più che desiderosi di autodeterminazione siano impegnati a chiedere qualche forma di elargizione, senza mettere in discussione il rapporto di potere Governo-cittadino, identificato in una burocrazia pervasiva ed onnipresente. Bisogna operare un distinguo in merito ai “Friday
for Future” di Greta Thumberg, impegnati formalmente ma anche praticamente in azioni volte ad evitare spreco ed inquinamento, che sono la cifra di questa falsa civiltà opulenta. Comunque se son rose fioriranno, gli autentici libertari hanno il dovere di crederci, e’ più giusto credere in un’utopia che in un mondo distopico in cui non si riesce a riconoscere l’altro da noi.

L’italia e il muro mai caduto.

Di Massimo Chiucchiu’

Si e’ festeggiato questi giorni il trentennale della caduta del Muro di Berlino, tante cerimonie si sono succedute nei vari paesi europei per commemorare questo evento che e’ stato determinante per tracciare un “prima di ” e un “dopo di”. E’ chiaro che le vicende che hanno portato all’attuale conformazione politica continentale, l’assetto della Comunita’ Europea, i rapporti con la Russia attuale, vedono la loro genesi in quel lontano evento che scosse alle fondamenta gli equilibri geopolitici in cui era ingessato fino ad allora il Vecchio Continente. La democrazia di stampo anglosassone, quella che prosperava in Inghilterra e negli Stati Uniti, pote’ quindi dispiegarsi in tutta la sua persuasione in tutti i paesi oltre
la “cortina di ferro”, cosi’ come dilagava nei Balcani in ogni angolo di Europa che chiedeva a gran voce la “democrazia parlamentare”. Certo, ogni paese l’ha declinata alla sua maniera, con forze politiche che hanno fatto del trasformismo un punto di forza, ritrovandosi al potere con bandiere diverse ma tante’, quello che qui interessa e’ capire che si seguiva l’esempio dell’organizzazione parlamentare anglosassone , in cui da sempre si affrontavano nelle competizioni elettorali due forze contrapposte,detentrici di istanze affatto complementari, i conservatori, che propugnano il paradigma della liberta’ individuale come condizione originaria della societa’, e i laburisti o socialdemocratici che propugnano il paradigma dell’uguaglianza dei cittadini e delle identiche possibilita’ per tutti.
Questa schematica differenziazione ha fatto si’ che l’alternanza delle due forze sopraddette garantisse quell’equilibrio in cui le forme di democrazia moderne possano sopravvivere e prosperare. Oggi si vedono i risultati di queste istanze, con i grandi progressi fatti da molte nazioni dell’est Europa, sia in campo sociale ma anche economico. Tutto bene? Non proprio, perche’ tutto il sommovimento politico che ha portato alla situazione odierna manca di un protagonista di peso: L’Italia.
Si’ proprio il nostro paese, in cui sembra che il Muro di Berlino non sia mai caduto. Non siamo mai cambiati da allora, in politica come nel sociale. Nel sociale la pratica piu’ diffusa e’ legata al familismo e al nepotismo, mali atavici soprattutto al sud, che portano corruttela e malversazioni. In campo politico il collasso della Democrazia Cristiana, il partito che ci ha portato fuori dal dopoguerra, ha lasciato il posto a a formazioni di centro-destra e centro-sinistra il cui scopo principale e’ quello di denigrarsi a vicenda, e la cui pratica politica e’ quella di cancellare, una volta al potere, le leggi del precedente governo di segno opposto. Un esempio e’ dato dai numerosi cambiamenti legati al mondo del lavoro o l’accesso alla pensione. Lo stato emana una pletora di leggi, che rendono ingestibile l’elefantiaca macchina della burocrazia che rischia di collassare su se stessa portandosi dietro l’intera struttura dello stato Italiano. Invece che stabilire un chiaro orientamento per il bene comune, valido
per tutti gli attori politici e che abbia una visione di futuro, a lunga scadenza, poi declinata magari secondo le istanze della compagine risultante vincente ad una tornata elettorale, ci si accapiglia in continuazione seguendo solo logiche di propaganda elettorale. E’ facile quindi che volino contumelie del tipo “sei un fascista, un razzista, un comunista, un ebreo, un terrone”, senza che tutto cio’ possa risolvere pragmaticamente alcun problema.
Tutto questo perche’ succede? Perche’ le compagini politiche in Italia non riconoscono
l’autodeterminazione dell’oppositore politico? Perche’ il tuo contrario e’ visto come un nemico,
e non magari come un avversario?
In Germania, paese a noi simile per le note vicissitudini politiche legate all’avvento di un dittatore che prese addirittura esempio da Mussolini, si e’ fatta una profonda autocritica riguardo le drammatiche vicende storiche che portarono allo sterminio degli Ebrei e alla guerra.
Questo in Italia non e’ successo, la nostra superficialita’ ci ha portato ad autoassolverci per i mali commessi come ci ha insegnato la Santa Madre Chiesa, in fondo per noi la colpa e’ sempre degli altri. E noi siamo sempre meglio degli altri. Abbiamo anche la costituzione piu’ “bella del mondo”, peccato che sia cosi’ poco realizzata, rimanendo poco piu’ che una pia speranza.
Specialmente la destra non ha fatto mai una completa abiura del fascismo, che,come un fenomeno carsico, si presenta ancora oggi in sembianze di piccoli partiti anche extraparlamentari. Anche fenomeni come i “populismi”, nati in funzione antiglobalizzazione, vengono tacciati come ideologie di destra molto pericolose, invise alle classi dominanti europee di Bruxelles. Questo lo ritengo un errore, facente parte di quel meccanismo descritto in precedenza. Si tratta di uno degli slogan piu’ usati dalle ” sinistre” in Italia per denigrare il nemico politico descritto come estremamente pericoloso.
Sinistra che confonde la Globalizzazione con il trionfo delle masse di marxista memoria, fatto con mezzi diversi. Mezzi che mettono in mutande l’artigianato e la piccola industria italiche, che rappresentano la spina dorsale del nostro benessere.
Anche le sinistre non hanno fatto i conti con la storia, coprendo in prima istanza le varie invasioni perpetrate dalla Russia durante la guerra Fredda, cosi’ come si ammantano oggi del silenzio riguardo le vicende di Hong Kong, Cuba o il Venezuela. Ma essendo piu’ attrezzate culturalmente, essendo stato il secolo Breve tutto un fiorire di concetti progressisti dovuti principalmente alla Scuola di Francoforte ( Adorno, Marcuse), riescono ancora a farsi sentire in Italia, ammiccando anche alle istanze dell’ apostolato ecclesiastico, alla disperata ricerca di nuovi credenti in ogni angolo del mondo.

E’ chiaro che queste istanze si saldano, per reciproco interesse,
con la grande onda della Globalizzazione, che era e resta un fenomeno di pura impronta economica.
Proprio questa mancanza di accordo su una visione futura comune per le sorti del nostro paese, questa continua guerra tra Guelfi e Ghibellini in ambito politico, con il trionfo delle mediocri consorterie politiche legate a filo doppio a lobby affaristico-economiche se non peggio, partoriscono specialmente a destra personaggi da cartone animato come Berlusconi o Salvini, e ci sorprendono sempre impreparati ai colpi di un mondo
multipolare, in cui la mediocrita’ della nostra classe politica non e’ piu’ confinata in una campana di vetro come al tempo del nostro protettore Americano (che prima della caduta del muro ci considerava strategici).
Non abbiamo piu’ santi in paradiso, ne’ lo stellone ci protegge piu’ come un tempo. Siamo uno dei tanti paesi che competono in un mondo sempre piu’ veloce e spietato, prima ce lo mettiamo in testa e meglio e’.
Anche la Comunita’ Europea non e’ piu’ (mai) stato quel materasso in cui pensavamo di cadere senza farci male; ci viene chiesto il conto delle nostre mancanze passate, ma con questa classe politica, ed accomuno tutti, non vedo alcun possibile contrappasso, ne’ alcun scatto di orgoglio.
Anzi, penso che destre e sinistre si nutrano del dilettantismo e impreparazioni dell’altra parte, come attori che svolgano parti in una commedia dell’Assurdo, in cui si e’ a seconda dei casi accusati o accusatori.
Il nostro paese si e’ infilato in un vicolo cieco in cui non esistono uscite, prevedo un declino sempre piu’ marcato, che coinvolgera’ qualsiasi settore e campo d’azione dello stato. Il mio consiglio e’ di creare una rete di rapporti che ricordino il mutuo appoggio di Kropotkiana memoria, tenendosi alla larga dalle burocrazie statali e cercando di non chiedere nulla alle entita’ territoriali statuali. Solidarieta’, empatia, minimalismo, vocazione ecologica, collaborazione saranno i capisaldi di questa non-societa’.

Per prima cosa non si dovrebbe piu’ andare al voto, facendo scendere la quota di partecipazione sotto il 50%, rimarcando come la democrazia abbia fallito il suo obbiettivo e non possa svolgere piu’ quel compito per cui era stata immaginata dai Padri Fondatori. Mentre il capitalismo e il comunismo hanno fallito miseramente il compito per cui erano stati creati, non si vede perche’ non si possa tentare una via anarchica delle societa’, che di tutte le ideologie provate dall’uomo e’ l’unica che cerca di temperare la liberta’ dell’individuo con il desiderio di uguaglianza e pari opportunita’ per tutti i cittadini. Oppure rimane solo l’esilio, la fuga, come stanno facendo migliaia di giovani che sperano di crearsi una vita migliore in un’altra parte del mondo.

Evoluzione gradualista.

Di Fernando Giannini

La lezione  di Albert Camus nel suo “L’uomo in rivolta” (ed Einaudi) ha il merito di essere stata prima ed illuminante.
Camus ebbe la capacità ma anche il coraggio, in anni in cui non essere rivoluzionari ed essere di sinistra appariva un controsenso, di affrontare la questione.
Da buon filosofo affrontò la materia alla radice, individuando quale fosse il nesso fra le rivoluzioni e gli autoritarismi, nesso che la storia dalla rivoluzione francese in sù aveva documentato.
Le rivoluzioni avrebbero avuto insita la logica del potere, con conseguenti sbocchi sociali di tipo autoritario o coercitivo.
Con Bakunin, che più che rivoluzionario era un rivoltoso, le cose cambiarono perchè alla base non c ‘era più la conquista del potere ma la distruzione dello stesso. E la conseguenza di ciò era la frammentazione dello stesso.
L’autogestione delle fabbriche o delle comunità rurali (in queste ultime l’autogestione era patrimonio millenario) era una conseguenza di questa linea di pensiero volta al rifiuto di qualsiasi potere centralizzante.
L’aggiunta di Camus a questo discorso è quella di riconoscere il valore della rivolta, che anche sembrando disordinata, non programmata, spontanea, emotiva è immune dalla vocazione concentrazionaria del potere.
In una società complessa come l’odierna la rivolta rimane una naturale espressione di stati d’animo individuali o collettivi. E sarà sempre chiaro dove sta il potere e che mezzi usa per sedare. In questo senso c’è chiarezza e coerenza.
Il valore della testimonianza, che è un concetto fattosi forte con il cristianesimo delle origini, non è materia da trattare con sufficienza.
E’ quello che rimane del proprio essere e delle proprie azioni, al di là delle vittorie conseguite.


Paul Goodman, sostenitore dell’Anarchismo gradualista.

E’ la mattonata che permette di camminare a chi seguirà.
Chiaramente tutto questo ha una logica controrivoluzionaria. E per me quest’ultima è una bella parola…
Il gradualismo può rappresentare la pratica politica di elezione.Il concetto è semplice: in una società complessa e variegata, con un potere sempre più concentrazionario e capace di controllare anche il tuo respiro può essere più proficuo lavorare ai fianchi il sistema puntando ad inserire elementi di libertarismo dovunque sia possibile.
L’innesto di forme di autogestione, la critica radicale al potere con la consapevolezza che esso rappresenta il tuo primo avversario, la testimonianza di modelli altri di vivere lavorare stare insieme etc, la partecipazione attiva attraverso la formazione di piccoli gruppi che attraverso la disomogenità arricchiscano il modello asfittico dominante. Essere in tanti e diversi è l’eredità dei nostri anni settanta, quando avevano diritto di esistere politicamente anche i singoli, vi ricordate i “cani sciolti”?
Mbeh.. ditemi quel che volete ma per me tutto questo e altro ancora è il gradualismo

Risposta di Massimo 12 settembre

Riporto dal blog Finimondo questo racconto che devi leggere e poi passo alla conclusione:

Lo ammetto, anch’io sono rimasto folgorato dalla ragazzina svedese con le trecce. Me ne sono innamorato quasi all’istante. La sua indipendenza nei confronti degli adulti, il suo coraggio nell’affrontare le forze dell’ordine, la sua sfida alle convenzioni sociali, la sua sfrenata voglia di vivere in un mondo favoloso che sia tutt’altro da quello cui purtroppo siamo tutti abituati, il suo amore per la natura… incantevole, davvero. Ecco perché trovo deprimente che la dolce e sorridente Pippi Calzelunghe sia stata oggi dimenticata a favore della pedante e corrucciata Greta Thunberg.
Pippi sapeva sparare con la pistola, Greta sa parlare ai vertici politici. Pippi aveva una tale forza da sollevare un cavallo, Greta ha appoggi tali da interessare i mass media internazionali. Pippi era figlia di un oscuro marinaio, Greta è figlia di celebri artisti. Pippi aveva al suo fianco il cavallo Zietto e la scimmietta signor Nilsson, Greta ha al suo fianco il pubblicitario Ingmar Rentzhog e l’ex vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore. Pippi era in possesso di un tesoro pirata con cui soddisfare i suoi bisogni vitali, Greta è posseduta dalle start-up tecnologiche che devono soddisfare le proprie esigenze mercantili. Pippi ha incoraggiato generazioni di bambini a credere in se stessi e nei propri sogni più folli (vivere in libertà), Greta incoraggia le classi dirigenti a correggere se stesse per realizzare la propria ambizione più banale (salvare il capitalismo). Con il suo universo fiabesco Pippi la ribelle (ci) metteva al riparo dalla legge e dall’ordine, con il suo universo real-politik Greta l’attivista (li) mette al riparo dalla rivolta e dal disordine. Che abissale differenza!
Oggi in tutto il mondo si sono tenute manifestazioni di protesta contro il cambiamento climatico. È il venerdì per il futuro, l’idea ispirata da Greta (o da chi per lei) di uno sciopero globale a favore del clima. Ma qual è la causa principale del cambiamento climatico? L’attività industriale destinata alla produzione di merci e servizi. E chi compie, sostiene e finanzia questa attività? Piccole e grandi imprese, con il sostegno diretto dello Stato. È questa la ragione per cui tutti questi attivisti ambientalisti chiedono a burocrati e funzionari di promuovere leggi ed iniziative in grado di permettere lo sviluppo di un capitalismo verde e sostenibile? Perché, essendo loro i responsabili del cambiamento climatico in corso, spetta a loro risolvere i danni che stanno causando? Non è una richiesta più che logica, è una pretesa del tutto idiota. Chiedere allo Stato ed alla grande industria di abbassare drasticamente le emissioni di anidride carbonica è come chiedere ad uno squalo di ridurre drasticamente la sua ricerca di cibo. Lo squalo affamato di carne continuerà a fare strage di esseri viventi, così come il capitalismo affamato di profitto continuerà a saccheggiare risorse naturali. La soluzione non può arrivare da chi costituisce il problema.
Marciare in difesa del clima per chiedere alla classe dirigente una politica più ecologica non è che un’ottima ginnastica dell’obbedienza. Si muovono le gambe per affidarsi ai parlamentari, si agitano le braccia per dipendere dai ministri, si scrollano le teste per chinarle davanti ai governanti. Ci si mette in movimento, ma solo per prendere (e farsi prendere da un) partito. Mens servile in corpore sano. Ecco perché la pacifica e compita Greta è tanto apprezzata dai politici meno beceri e reazionari.
Io no, non la reggo. No, dico, volete mettere con l’altra ragazzina svedese, quella coi capelli rossi, quella che si veste in maniera trasandata, se ne frega di avere le lentiggini, porta scarpe di una misura cinque volte superiore alla sua e si eccita «all’idea di vedere l’isola Cip-cip; starsene distesi a riva e immergere gli alluci nel vero e proprio Mare del Sud, mentre basta sbadigliare perché una banana matura vi cada dritta in bocca»?

Dopo aver letto questo breve racconto mi rendo conto di quanto le “strategie” anarchiche
abbiano il fiato corto, non tenendo il filo del tempo,ma rivolgendosi ad un periodo, quello
ottocentesco,in cui ferveva un dibattito tra liberalismo, il cui paradigma era la liberta’
individuale, e il socialismo, con il suo paradigma di uguaglianza. L’Anarchismo aveva un
funzione quasi demiurgica, sincretica, perche’ superava le posizioni liberali e socialiste in
favore di una inscindibilita’ tra liberta’ e uguaglianza, facendo sintesi, come si dice oggi, di
due tendenze contrapposte nella pratica politica.
. Di qui, appunto, la natura sincretica dell’ideologia anarchica: appena si fa riferimento ad un valore, ad un concetto, immediatamente questo richiama tutti gli altri, e tutti non reggono, da un punto di vista anarchico, se non pensando l’uno in riferimento all’altro. Ecco perché l’anarchismo è un’ideologia carica di ‘esagerazioni’ . Tutto è esagerato, nell’anarchismo, perché tutto è necessitante: ogni valore è assunto infatti nella sua integralità effettiva e nella sua radicalità ontologica . La libertà, l’uguaglianza, la diversità, la solidarietà, i valori fondanti dell’ideologia, sono portate alla loro verità ultima” (21).(G.Berti)

Fallite le rivoluzioni, che hanno in se’ i germi di un nuovo dispotismo,come hai ben detto,
Anche il Gradualismo di impronta Goodmaniana non puo’ incidere nel corpo del Potere,
risultando quel “proficuo lavorare ai fianchi” da te auspicato una mera speranza vanificata,
scusami la metafora, dalla mancanza di questi fianchi del Potere,oramai virtualizzati in un
ologramma fatto di clik anonimi di una tastiera che sposta miliardi di euro da un capo all’altro
del mondo, senza confini e senza immaginare conseguenze.
Cosa rimane, se qualcosa rimane? Rimane la vitalita’ di Pippi, la sua allegria,il suo coraggio,
la sua gioia di vivere, che nessuno potra’ toglierle. Lei balla sulla tolda del Titanic, ma almeno
si sta divertendo.

Risposta di Fernando 13 settembre.

La risposta credo che sia: il cambiamento vero é sempre frutto di un lavoro lungo e paziente. In politica come in tutte le cose agire frettolosamente fa essere sbrigativi. Da l impressione di aver risolto per poi trovarsi peggio di prima. Quella critica radicale che massimo fa al sistema spesso conduce ad una passività sconfortata. Diceva massimo nell ultima riunione che il gradualismo non puo’ lavorare ai fianchi il sistema imperante perché l attuale capitalismo i fianchi non ce l ha. I fianchi ci sono sempre. Semmai manca la testa in questo sistema decerebrato che vertiginosamente si affretta a liquefare il pianeta. Dai ghiacciai in giu’.

Risposta di Leo Giovanni 13 settembre

Sono contentissimo che vi siete riattivati. Non condivido quello che dice massimo di greta. É una posizione teorica che rischia di andar via come il vapor acqueo. Son sicuro che massimo non sarà coerente con quello che scrive 24 H . Sarebbe depressivo . Incompatibile con la vita. Greta ci permette di toccare sentire e sperare. E di dare risposte. Ricordo un esperienza personale qui in puglia. A due passi dal paese nell 80 si era deciso di fare una centrale nucleare. La stessa il cui scheletro ancora si puo vedere a montalto di castro paesino di gente tranquilla semplice accogliente e credulona. Invece nei paesi del mio circondario bloccarono con i trattori all alba la superstrada un sindaco ed altri finirono in carcere per resistenza e si andò sul tg nazionale. I tecnici dell enel che venivano da Roma furono minacciati. Insomma si riuscì a ostacolare. Intanto a Montalto la si costruiva. Poi arrivò Cernobyl e non se ne fece più nulla con il refetendum. Oggi da noi c è una bella riserva naturale dello stato (torre guaceto ) in quel posto. A montalto c è uno scheletro orribile che vi invito a visitare e che ha rovinato tutto quel tratto di mare. A quei tempi c erano i cosiddetti sistemisti come fa massimo. Critica totale al sistema e passività inevitabile. Noi coglionozzi credevamo che si poteva fare qlcs e ci siamo riusciti ciao giovanni leo

Risposta di Carmela 14 settembre.

Guarda massimo chiucchiu: Se tu vivessi in sicilia potrei capirlo. Ma dove sei tu no. I siciliani sono maestri di critica totale al sistema e conseguente rifiuto. E infatti si lasciano andare ad un inerzia che si salva solo con il fatalismo. Chi vuol fare qui trova davanti un muro di gomma. Se organizzi dei gruppi su alcune tematiche c è una indifferenza quasi generale. L associazionismo é scarsissimo. Poi scopri che non vengono agli incontri perche sono stanchi, anche se nullafacenti. O preferiscono il dopocena davanti alla TV perche hanno l abitudine di mangiare troppo. Ma sono sempre pronti a rifiutare qualsiasi sistema. Inquesto humus la mafia ha avuto gioco facile. Spero che da voi sia diverso. Anche se mi dicono che siete ormai colonizzati in umbria dalla ndrangheta. Spero che ci sia gente solerte incazzata militante e con tanta voglia di incontrarsi. Saluti palermitani

Risposta di Fernando 14 settembre

democrazia:

«Il senso del voto democratico non è quello di fotografare la gamma delle opinioni quali si manifestano allo stato brado, bensì di riflettere il risultato di un processo pubblico di formazione dell’ opinione. Il voto espresso nella cabina elettorale acquista il peso istituzionale di una compartecipazione democratica solo in relazione ad opinioni articolate pubblicamente, formatesi attraverso la comunicazione e lo scambio di informazioni, motivazioni e posizioni pertinenti ai singoli temi». Habermas 2012

Quindi la democrazia diventa un atto formativo della singola persona. Attraverso il confronto la polemica lo scontro democratico per habermas il cittadino cambia, si trasforma in altro da prima.

Risposta di Roberto 20 settembre

sono felice che ci siamo riattivati è un importante momento formativo di cambiamento .continuiamo cosi

Risposta di Massimo 22 settembre

E’ ingeneroso, come constato dalle risposte riguardo alla mia presa di posizione nei
confronti di Greta Thunberg, definirmi disfattista e velleitario rispetto al rampante
cambiamento incarnato da questa paffutella scandinava, che attira, per naturale
empatia, le simpatie di tutto il mondo.Cercando di evitare le trappole semantiche
e certe naturali propensioni al cinismo, come il fatto che lei e i giovani del movimento
Friday for future possano essere manipolati da lobby ecologiste interessate a tutt’altro,
rimarcavo semplicemente il fatto che Greta si sta rivolgendo, nelle sue invettive, a quei
gruppi di potere mondiale come capi di stato, Onu, potentati economici, che oltre la
carezzina sulla testolina e qualche complimento di circostanza, non hanno alcun interesse
a recepire alcunche’ delle sue pur intelligenti prese di posizione.
Perche’?
Uno squalo per vivere ha bisogno di muoversi in continuazione, altrimenti annegherebbe.
La societa’ globalizzata e neoliberista ha bisogno di crescere per sopravvivere.
Niente crescita,niente sopravvivenza. Ma,mentre lo squalo, nell’equilibrio della Natura,
svolge un ruolo di spazzino, utile alla sua ed alle altre specie, la societa’ globalizzata e’ in
completo disequilibrio rispetto all’ambiente, seccandone tutte le risorse come un cancro
che aggredisce un malato.E non possiamo aspettarci alcuna soluzione dalla sua stupida
ancella, la tecnologia, che non e’ altro che la scienza che inventa “cose che funzionano”,
non avendo in se’ neanche l’anarchia della ricerca pura fine a se stessa.
Se dovessi dare un consiglio a Greta, in merito al riscaldamento globale e all’inquinamento del nostro pianeta, e’ quello di divulgare e fare da volano ad una forte presa di coscienza
su questi temi, accompagnato dall’esempio di una vita frugale francescana, con limitato
uso dei vari gadget elettronici, con tendenza all’impatto zero rispetto al consumo di fonti
energetiche tout court. Anche le cosidette energie rinnovabili, tanto amate dai pasdaran
ecologisti, hanno un forte impatto sul pianeta. Qualcuno ha visitato gli alvei dei fiumi
imbrigliati da dighe,condotte,prese d’acqua che convogliano verso le centrali idroelettriche?
C’e’ una perniciosa tendenza anche dai difensori della Natura a credere che la tecnologia
possa risolvere i problemi da lei creati. Ma la tecnologia e’ schiava dell’economia, non
esiste fuori da essa, e questo e’ il dramma dell’uomo.
Anche il tema di combattere per non fare costruire le centrali, come a Torre Guaceto,
mi lascia perplesso, a mio avviso si tratta di una guerra tra poveri, quello che ipocritamente
non si e’ costruito la’, magari si e’ fatto in altro luogo d’Italia. Onore alla furbizia e al levantinismo delle terre pugliesi, ma si ha lo stesso genere di soddisfazione del comune
di Salice d’Ulzio, comune denuclearizzato, a 100 km dalla centrale nucleare francese.
Sono belle soddisfazioni nascondere la polvere sotto il tappeto.

Per chi non e’ molto paziente minuto 7:23

Beh, all’epoca c’era molto nichilismo.

Mi piace immaginare che Pippi Calzelunghe avrebbe invece risposto:

“Io sono pronta a VIVERE…..ma non di noia.”

Crisi politica italiana e contesto storico.

Di Massimo Chiucchiu’

La crisi politica che ha investito il nostro paese rappresenta, non essendo ne’ la prima ne l’ultima possibile del mondo occidentale evoluto e affluente, rappresenta dunque l’utimo sbocco della crisi delle democrazie nate all’ombra del secolo breve e delle due grandi guerre mondiali.In sovrappiu’, alla crisi delle rappresentanze parlamentari europee ed americane, si accompagna la nascita di entita’ superstatali come la Comunita’ Europea che, in un paese
fragile istituzionalmente come l’Italia, fungono da volano per mettere a nudo le contraddizioni in cui si dibatte da sempre l’Italia.Se a tutto questo sommiamo il fenomeno economico paradigmatico chiamato globalizzazione, e’ chiaro che le antiche forme di democrazia appaiano fragili e lente di fronte al tumultuoso corso degli eventi che caratterizza lo scenario economico-sociale mondiale.In Italia, in particolare, il bizantinismo politico ha creato un terreno in cui le rappresentanze parlamentari hanno un forte carattere autoreferenziale, tutto volto al mantenimento dello status quo e al non risolvimento dei problemi sociali creati da loro e dalle scellerate politiche neoliberiste che oggi imperversano come linea comune delle economie di quasi tutti gli attori del teatro globale.
In questa cornice, nel nostro paese, che e’ bene rammentare essere un paese con limitata
autonomia politica dovuta agli scellerati esiti delle due guerre mondiali, si sono sempre
affrontate due tendenze politiche ben divaricate: l’impostazione neoatlantista a matrice
cristiana, ancorata ai valori delle democrazie anglosassoni declinata con i valori protestanti, inclusivi e compassionevoli, e l’altra tendenza legata alla matrice marxista e alla filosofia Continentale, con l’individuo schiacciato nelle prassi dello Stato onnipresente. Dalla coazione di queste imponenti forze ne e’ uscito uno Stato pletorico,iperburocratico,lontano ma oppressivo,inefficente per definizione,creatore di lavoro fasullo volto solo al mantenimento dell’imponente,elefantiaca macchina burocratica, in chiave di consenso elettorale.

La novita’ della crisi odierna e’ che certi ruoli standardizzati in passato, Occidente e Marxismo, burocrazia ed efficentismo, paiono mescolarsi e alle volte scambiare di ruolo, in una maionese impazzita che rende incerti gli elettori, alla costante ricerca della Nobile Figura che li possa condurre fuori dalle sabbie mobili dei tempi odierni. Parole d’ordine semplici ed efficaci,difesa del localismo, chiusura a qualsiasi novita’, fanno emergere personaggi come Trump,Putin Orban e da noi Salvini, che espletano questa esigenza degli spaventati elettori, che in quegli slogan reiterati ad libitum ritrovano quelle radici spazzate via dalla globalizzazione e dal nichilismo.
Beh, non ci voleva uno scienziato per capire che la globalizzazione avrebbe portato alle
odierne conseguenze, quando ad un tavolo si invitano tutti gli astanti, non e’ che i nuovi
arrivati si accontentano delle briciole che cadono dal tavolo. Di controcanto i marxisti come al solito scambiano lucciole per lanterne, giudicando la globalizzazione il trionfo delle masse
popolari con altri mezzi (rispetto alla rivoluzione armata e alla disinformacija).
Contenti loro, arroccati nelle dacie di Capalbio, a discettare di un mondo tutto chiuso nelle
loro teste, non rimane che riflettere sulla figura emergente di Conte Giuseppe, che da
damerino impomatato dai gesti sempre improntati a cortesia e gentilezza, si erge a custode
delle istanze del Clero Cattolico, cercando una mediazione tra populismi, popolarismi ed
elites, con l’avallo delle gerarchie Eclesiastiche piu’ nascoste e che sempre hanno mosso
gli interessi del nostro paese, al di fuori del ruolo di vassallaggio che ci compete per
inclinazione storica.